Mi apparterrò con te Cara Sibilla,
fiore del mio giardino,
frutto del suo destino,
calda come un ombrellone,
quanti anni hai?
Te ne han dato uno di troppo,
uno di troppo e uno di galoppo.
Dietro a te ondeggiavano le masse,
dietro i tuoi schiumanti ardori sibillini,
prensili e patentati.
Dietro alle tue ginestre in fiore
roteanti come uno scherzo d’agosto
non si conteneva nessuno,
nessùnosi.
Davanti a te le basse maree
sembravano stagioni intorpidite,
sembravano fagiane impregnate di mare aperto
e la musica fluiva languida ai margini dell’orecchio nostro.
Inseguendo la tua scienza conturbante
correvano le profiterole
in senso logico
– correggimi se sbaglio –
i-o i-o i-o
– palpeggiami se raglio –
– corteggiami con l’aglio –
di mattina,
prima che venga la Santina,
prima del pesce in gelatina,
prima che venga la Sibilla,
tutto trilla:
c’è chi fa il calcio Balilla,
c’è chi mangia la buitoni o la barilla,
tutto squilla.
Quando scocca la scintilla?
quando è morto Lucio Silla?
Nel trentaquattro
(sorteggiami se imbroglio):
per far rima con Sibilla
ora appongo una postilla:
mi apparterrò con te.